Die Opern Giuseppe Millico's - Hommage an Gluck

Auszug aus: Michele Attilio Bellucci La Salandra: Vito Giuseppe Millico (il terlizzese) sopranista e compositore
melodrammatico del Settecento (da nuovi documenti), in: Archicio Storico Pugliese», 1950, III-IV , S. 218-227.

© Übersetzung und Einleitung von Dr. Werner Robl, Berching, Februar 2023

 

Der in Terlizzi bei Bari geborene Soprankastrat Giuseppe Millico (1737-1802) war der einzige Sänger, mit dem Christoph Willibald Gluck (1714-1787) nach dem Kennenlernen in Parma im Jahr 1769 trotz erheblichen Altersunterschiedes nicht nur eine persönliche Freundschaft einging, die ein Leben lang hielt, sondern den Gluck auch eine Zeitlang in seinen eigenen Wiener Haushalt aufnahm. So wurde Giuseppe Millico u. a. Gesangslehrer für Gluck's Ziehtochter Nanette, die Tochter seiner verstorbenen Schwester Anna Rosina, außerdem Gesangsstar der Gluck'schen Reformopern "Alceste" II (1770) und "Paride ed Elena" (1770).

Nach seiner Rückkehr nach Neapel im Jahr 1780 betätigte sich Millico - wohl bei nachlassener Gesangsleistung - nicht mehr als Opernsänger, sondern als Gesangslehrer und Komponist. Er hinterließ neben 8 Kantaten, einem "Salve Regina", 23 Arien, 3 Trios, 22 Duetten sowie 82 Kanzonetten, welche meist für sein Lieblingsinstrument "Harfe" geschrieben waren, sowie neben einigen Instrumentalwerken anderer Art auch einige Opern, deren Partituren z. T. erhalten geblieben sind.

Folgende Aufstellung der Opern befindet sich in Bellucci's Lebensbeschreibung von 1950. Dem Libretto der Oper "La pietà d'amore" (von 1782) steht ein Widmungsbrief voran, den wir hier im Original und mit deutscher Übersetzung wiedergeben. Dieses Schreiben spiegelt er wie kein zweites Zeitdokument Millico's Wertschätzung für Christoph Willibald Gluck und dessen Gedanken zur Opernreform wieder. Millico selbst identifiziert sich in diesem Schreiben als Sänger mit Gluck's Zielen der Interpretation und weist darauf hin, wie es ihm selbst in Laufe seiner Karriere unter Beachtung der Maximen "Einfachheit" und "Natürlichkeit" zunehmend gelang, seiner Stimme den wahrhaftigsten, zuinnerst gefühlten Ausdruck zu verleihen und damit das Publikum mitzureissen!

Doch lesen Sie selbst:

1782

1. La pietà d'amore. Dramma messo in musica dal signor D. Giuseppe Millico. Napoli, 1782. Si vende nella Libreria di Giuseppe Maria Porcelli a S. Biaggio de' Librari, al prezzo di ducati 4 di Regno. L'opera si compone di due atti ; di 160 pag.

Non si conosce l'autore del libretto ne gli artisti che presero parte alla prima rappresentazione. II Florimo tace e con lui molti altri bibliografi. Questo dramma fu eseguito a Napoli certamente nel 1782, ma ignoriamo in quale teatro, e non di una riproduzione come vogliono molti scrittori.

Nelle prime pagine della partitura, si legge la seguente lettera dedicatoria:

1782

1. La pietà d'amore. Theaterstück mit Musik von Herrn D. Giuseppe Millico, Neapel, 1782. Verkauft in der Buchhandlung von Giuseppe Maria Porcelli in S. Biaggio de' Librari, zum Preis von 4 Dukaten des Königreichs. Das Werk besteht aus zwei Akten, mit 160 Seiten.

Wir kennen weder den Librettisten noch die Künstler der Uraufführung. Florimo schweigt und mit ihm viele andere Bibliografen. Das Drama wurde mit Sicherheit 1782 in Neapel aufgeführt, aber wir wissen nicht, in welchem Theater, und es handelt sich um keine Reproduktion, wie viele Autoren meinen.

Auf den ersten Seiten der Partitur lesen wir folgendes Widmungsschreiben:

All' Eccellentissimo Signore D. Antonio Lucchesi

Principe di Campo Franco, Duca delle Grazie ecc., Gentiluomo di camera con esercizio di S. M. delle due Sicilie, Maresciallo di Campo de' suoi reali Eserciti, Capitano de11e Reali guardi degli Alabardieri di Sicilia, Mastro-razionale del tribunale del Real Patrimonio e Cavaliere dell'Insigne Real Ordine di S. Gennaro.

Non attribuite Eccellentissimo Signore ad una troppo audace libertà, se in questo per me assai dubbioso momento mi prevalgo della vostra autorevole protezione, e di quell'amore con cui vi siete sempre compiaciuto di riguardarmi. Oggi si produce a pubblico coll'onor delta stampa la musica, che io composi pel vostro dramma, che porta il titolo "la pietà d'amore". Essa, voi ben lo sapete, è più figlia vostra, che mia, giacchè il vostro genio poetico con una composizione divina per la verità de' suoi sentimenti, e per la tenera seducenza delle parole mi ha somministrato un'armonia, che mi ha fatto meritare il generale compatimento ; voi siete i1 mio gran Mecenate, e voi uno dei pochi, e forse l'unico qui in Napoli, che protegga, animi, ed alimenti la mia bell'arte.

Questa è la terza opera, che io ho messa in musica per vostro comando. La prima fu una cantata ad una voce per la morte di S. A. R. La Principessa D. Marianna, ed era di un carattere pieno di quella tenera tristezza, che produce al cuor di una madre la perdita di un'adorabile Figlia. La seconda fu una cantata a quattro voci intitolata "Angelica e Medoro". nella quale fecondando la vostra Poesia, mi riusci di trovarci una melodia pastorale, che non oscurasse la nobiltà del soggetto. Voi ne foste contento e la vostra soddisfazione m'inspirò quel coraggio, per cui il mio povero ingegno vi deve l'obbligo di essersi sviluppato, giacchè se non fosse stato stimolato dalle obbliganti vostre maniere, non avrebbe mai ardito di prodursi. La vostra efficacia lo scosse, la vostra Musa lo rese suscettibile di quelle sensibilità, che ha nei musicali suoi numeri dimostrata.

Non vi annoiate Eccell. Signore, vi prego, di leggere le mie riflessioni per prevenirvi di ciò, che potranno alla mia musica attribuire. Nella Sinfonia ho creduto di dover fare il Programma dell'Opera, sembrandomi, che ciò indispensabilmente convenga all'unione del tutto. Nel progresso ho cercato di esprimere colla maggior semplicità le parole , adattandovi quegl'istrumenti, che ho giudicati opportuni alla migliore espressione, ho procurato infine di togliere quella comune perpetua monotonia, che ci disgusta da tanto tempo. Ma ciò nonostante i critici osservatori troveranno la mia musica non ben purificata da quegli errori, che condannati sono dal vero buon gusto, e vi osserveranno qualche breve gorgheggio, e qualche ripetizione di parole, cosa che saviamente condanna il Sign. Cavaliere Planelli nel suo libro intitolato "L'Opera in Musica".

Ci conosco anche io questo difetto, e l'ho trascurato, ma non senza ragione, perciocchè non ho creduto di dover notare ad un tratto il genio di una Nazione, già sedotta dalla vivacità di alcuni cantanti, che si studiano di rassomigliare più al grazioso gorgheggio degli usignoli, che alla soda melodia, che penetra i cuori, ed insinua per ignote vie nell'anima la forza di quei sentimenti, che giungono alle volte a muovere piacevolmente le lagrime. Nondimeno li pochi passaggi, e le ripetizioni di parole, che vi ho introdotte, si troveranno solamente in quei luoghi, che non formano la più interessante parte del dramma, e dove non si altera con un gorgheggio la forza dell'espressione.

Volesse il cielo, che li moderni compositori, e cantanti ponessero mente a quelle medesime riflessioni e si applicassero seriamente all'acquisto della vera cognizione per intendere il sentimento delle parole, ed entrare nello spirito delle poesie. I cantanti abbandonerebbero l'inutile studio ed esercizio di quei pochi gruppetti preziosi, alli quali riducono tutte le cantilene. Poche sono nella nostra musica le modulazioni in confronto delle innumerevoli cantilene, che si potrebbero usare per esprimere le varie passioni ; onde avviene, che usando i cantanti in tutti i sentimenti, ed in tutte le parole le medesime variazioni, si rendono necessariamente a noi monotoni.

Felice la Grecia, che conobbe la vera perfezione della Musica, e ne riscosse degli effetti meravigliosi. Ci dice la storia che Timoteo con questa bell'arte si fece l'arbitro dell'animo di Alessandro. Ci asserisce essersi guadagnate delle battaglie col solo artificio di far cantare une canzone ai soldati di tutto un'esercito, dal che i maestri dovrebbero argomentarne, che ciò non poteva provenire, che dalla perfezione della musica, la quale era capace di sublimare, dirò cosi, lo spirito degli uomini, e portare al più alto grado le loro passioni. L'applauso, che riscotevano i greci cantori, era molto diverso del nostro festeggiante rumore delle mani, ma un perfetto silenzio indicava il timore di frastornare quella piacevole sensazione, che teneva l'udienza immersa in un dolcissimo sopimento.

Questi fatti si leggono con istupore, ma la moderna maniera di cantare, non ne vede, che per fugaci momenti qualche raro piccolissimo effetto. Io ho avuto la fortuna di gustare una volta questo piacere. Ero a Parma in occasione che si rappresentava l'Orfeo messe in musica dall' immortale Cavaliere Gluck per festeggiare le Nozze di S. A. R. l'lnfante Duca. Mentre si cantava il recitativo che precede l'aria "Che farò senza Euridice", riusci al cantante di colorire così bene la sua voce che fece piangere tutti gli ascoltatori e fin d'allora mi accorsi, che anche da noi si potrebbero ottenere i medesimi effetti della musica greca, esprimendo le parole con quelle naturalezza, ch'e necessaria al sentimento del Dramma.

Per arrivare però a questa perfezione bisognerebbe cambiare il presente sistema di tutte le scuole. I giovani, che si applicano nell'esercizio di questa bell'arte, mentre che imparano gli elementi della musica dovrebbero ricevere una educazione corrispondente al loro mestiere ; si dovrebbe coltivare i1 loro spirito per renderlo sensibile ai movimenti della natura, si dovrebbero esercitare in una buona pronunzia, ed in perfetta articolazione delle parole, si dovrebbe far loro leggere la storia per renderli informati della diversità dei caratteridi quei personaggi, che dovranno rappresentare; si dovrebbe loro insegnare a discernere le bellezze della poesia, perche si vestissero dei sentimenti degli autori, e provassero in loro medesimi quegli effetti, che dovranno produrre negli ascoltanti, e quando ciò fosse fatto si dovrebbe esercitare la loro voce naturale, cosa, che la maggior parte de' cantanti trascurano, per cui le voci, o prendono il naso, o la gola, o il flautino, o tanti altri disgustosi difetti, indi prenderla obbediente, e flessibile, come una pasta, a fine che' potesse cangiarsi ; e pigliare tutti i colori, persino a rendersi alle volte roca, e stridente se lo esigesse la violenza di una passione. Ma per ottenere questo intento sarebbe a mio credere necessario, che i maestri de' cantanti fossero i più famosi cantanti, come quelli, che colla esperienza, e coll'esempio potrebbe facilmente insinuar loro queste delicatezze.

Mi dirà forse qualche moderno cantore, che non tutte le voci sono suscettibili di queste perfezioni, e che non tutte per conseguenza possono produrre gli effetti della musica greca. Io gli rispondo, che se gli organi della gola, della lingua, e del petto del giovane cantante saranno ben formati, tutte le voci produrrenno presso a poco il medesimo effetto, e lo provo col mio esempio medesimo, e con quella di una mia greziosa scolara.

Ero io appena uscito dal conservatorio, quando mi accorsi della cattiva disposizione della mia voce, ne conobbi i difetti, e ne compiansi la qualità ; fui abbandonato da tutti i maestri, e quasi disperai di trovar la maniera onde potermi procurare una sorte, che non rendesse pesante la vita. Riflettei seriamente alla mia circostanza, e vidi, che il solo studio poteva aprirmene agevolmentc la vita, onde con tutto lo spirito mi applicai all'acquisto di un mezzo per cui potessi coll'arte supplire alle mancanze della natura. Cominciai ad esercitare la mia voce, e dopo molta fatica mi riusci di renderla alquanto sonora; presi coraggio, ne mi stancai, e da Contralto finalmente potetti diventare Soprano, e raccoglierne tutto quel bene che forma al presente la mia perfetta tranquillità.

Ero a Vienna alloggiato in casa del Genio Immortale della musica, del Cavaliere Gluck, e fra le delizie della più sincera amicizia, e della più tenera corrispondenza aveva il dispiacere di ascoltarlo declamare contro la maligna fortuna, la quale gli negava di poter sentire animare le sue produzioni dalla voce di una amabilissima nipote, che egli adorava ; mi mosse il rammarico dell'amico, e gli domandai la licenza di sentire la voce di sua nipote per vedere se mi fosse potuto riuscire di ridurla in qualche maniera sonora: egli me la ricusò dicendomi, che avrei inutilmente tentato una cosa impossibile, ma finalmente cedette alle istanze mie, l'ascoltai e la riconobbi assai mal disposta; esaminai l'indole della fanciulla, e la trovai d'una ammirabile docilità. Cominciai a farle studiare la musica, ad esercitare continuamente la voce, e la sua applicazione corrispose in maniera ai miei desideri, onde dopo otto mesi disingannai suo zio, e dopo due anni si rese l'ammirazione della Germania, e della Francia, e la sarebbe stata di tutta l'Europa, se la micidiale influenza del vaiolo non avesse nell'Aprile troncato i suoi giorni.

Dunque l'arte, la fatica, lo studio può formare il cantante. La maniera di cantare non è che una, cioè la cognizione di muovere le passioni, ed insinuarsi nei cuori.

Io così penso, Signore, intorno alla mia professione, ed i miei pensieri mi sono tanto più cari, quanto che approvati sono dal vostro savio discernimento. Tutto ciò, che io potrò fare per voi sarà sempre poco riguardo agli obblighi, che vi professo, onde, nel mentre, che nuovamente vi prego di continuarmi la vostra protezione, con tutta la stima mi professo.

Di V. E.

Napoli 15 Giugno 1782

Umiliss., Devotiss. ed Obbligatiss. Servo Giuseppe Millico

An den ausgezeichneten Herrn D. Antonio Lucchesi

Prinz von Campo Franco, Herzog der Grazien usw., Kammerherr im Auftrag Seiner Majestät der beiden Sizilien, Feldmarschall seiner königlichen Armeen, Hauptmann der königlichen Garde der Hellebardiere von Sizilien, Hofrat des königlichen Erbes und Ritter des Erlauchten Königlichen Ordens von S. Gennaro.

Schreiben Sie Ihrer Exzellenz keine zu kühne Freiheit zu, wenn ich mich in diesem für mich sehr zweifelhaften Moment Ihres autoritativen Schutzes und jener Liebe versichere, mit der Sie mich immer gern betrachtet haben. Heute wird die Musik, die ich für Ihr Drama mit dem Titel "La pietà d'amore" (Das Mitleid der Liebe) komponiert habe, mit Hilfe der Presse der Öffentlichkeit vorgestellt. Es ist, wie Sie wissen, mehr Ihr Kind als das meine, denn Ihr poetisches Genie hat mir mit einer Komposition, die göttlich ist in der Wahrheit ihrer Gefühle und der zarten Verführungskraft ihrer Worte, eine Harmonie gegeben, die mir allgemeines Mitgefühl eingebracht hat; Sie sind mein großer Gönner, und Sie sind einer der wenigen, vielleicht der einzige hier in Neapel, der meine schöne Kunst schützt, belebt und nährt.

Dies ist die dritte Oper, die ich auf Ihren Befehl hin vertont habe. Die erste war eine einstimmige Kantate zum Tode Seiner Königlichen Hoheit Prinzessin Donna Marianna und war von jener zärtlichen Traurigkeit erfüllt, die der Verlust einer liebenswerten Tochter im Herzen einer Mutter hervorruft. Die zweite war eine vierstimmige Kantate mit dem Titel "Angelica e Medoro" (Angelica und Medoro), in der es mir in Anlehnung an Ihre Poesie gelang, eine pastorale Melodie zu finden, die den Adel des Themas nicht verdunkelt. Es hat Ihnen gefallen, und Ihre Zufriedenheit hat in mir jenen Mut geweckt, den zu entwickeln mein armer Verstand Ihnen zu verdanken hat, denn wenn er nicht durch Ihr zuvorkommendes Benehmen angeregt worden wäre, hätte er es nie gewagt, sich zu produzieren. Ihre Wirksamkeit hat ihn erschüttert, Ihre Muse hat ihn empfänglich gemacht für diese Empfindsamkeiten, die er in seinen musikalischen Nummern gezeigt hat.

Langweilen Sie sich nicht, Exzellenz. Mein Herr, ich bitte Sie, meine Überlegungen zu lesen, um Sie davor zu warnen, was sie meiner Musik zuschreiben könnten. In der Symphonie dachte ich, sollte ich das Programm der Oper machen, da es mir für die Einheit des Ganzen unabdingbar zu sein schien. Im Lauf der Zeit habe ich versucht, die Worte mit der größten Einfachheit auszudrücken, indem ich ihnen die Instrumente anpasste, die ich für den besten Ausdruck geeignet hielt, und ich habe schließlich versucht, diese allgemeine ewige Monotonie zu beseitigen, die uns so lange angewidert hat. Trotzdem wird der kritische Beobachter feststellen, dass meine Musik nicht gut von den Fehlern gereinigt ist, die der wahre gute Geschmack verurteilt, und er wird einige kurze Warnungen und Wortwiederholungen bemerken, die Herr Cavaliere Planelli in seinem Buch mit dem Titel "L'Opera in Musica" so weise verurteilt.

Auch ich bin mir dieses Mangels bewusst und ich habe ihn dennoch übersehen, aber nicht ohne Grund, denn ich dachte nicht, dass ich plötzlich den Genius eines Volkes bemerken sollte, das bereits von der Lebhaftigkeit einiger Sänger verführt wurde, die sich bemühen, mehr dem anmutigen Gezwitscher von Nachtigallen zu ähneln als der festen Melodie, die in die Herzen eindringt und auf unbekannten Wegen in die Seele die Kraft jener Gefühle eindringt, die manchmal angenehm zu Tränen rühren. Die wenigen Passagen und Wortwiederholungen, die ich eingeführt habe, werden jedoch nur an den Stellen zu finden sein, die nicht den interessantesten Teil des Dramas ausmachen und an denen die Kraft des Ausdrucks nicht durch einen Tonfall beeinträchtigt wird.

Der Himmel bewahre uns davor, dass die modernen Komponisten und Sänger diese Überlegungen anstellen und sich ernsthaft um die Aneignung wahrer Kenntnisse bemühen, um das Gefühl der Worte zu verstehen und in den Geist der Gedichte einzudringen. Die Sänger würden das nutzlose Studium und die Übung dieser wenigen wertvollen Gruppierungen aufgeben, auf die alle Gesänge reduziert werden. Im Vergleich zu den unzähligen Kantilenen gibt es in unserer Musik nur wenige Modulationen, die zum Ausdruck der verschiedenen Leidenschaften verwendet werden können; daher kommt es, dass die Sänger, indem sie in allen Gefühlen und in allen Worten die gleichen Variationen verwenden, für uns notwendigerweise eintönig werden.

Glückliches Griechenland, das die wahre Vollkommenheit der Musik kannte und daraus wunderbare Wirkungen erntete. Die Geschichte erzählt uns, dass Timotheus sich mit dieser schönen Kunst zum Schiedsrichter über Alexanders Seele machte. Er behauptet, er habe Schlachten allein dadurch gewonnen, dass er die Soldaten eines ganzen Heeres dazu brachte, ein Lied zu singen, woraus die Meister folgern sollten, dass dies nur durch die Vollkommenheit der Musik geschehen konnte, einer Musik, die in der Lage war, den Geist der Menschen sozusagen zu sublimieren und ihre Leidenschaften auf den höchsten Grad zu bringen. Der Beifall, den die griechischen Sänger hörten, unterschied sich sehr von unserem feierlichen Händeklatschen, aber eine vollkommene Stille deutete auf die Angst hin, dieses angenehme Gefühl zu stören, welches das Publikum in eine sehr süße Besänftigung eintauchen ließ.

Diese Tatsachen werden mit Ehrfurcht gelesen, aber die moderne Art zu singen sieht nur für flüchtige Momente ein paar sehr kleine Effekte vor. Ich hatte das Glück, dieses Vergnügen einmal zu erleben. Ich war in Parma anlässlich der Aufführung von Orpheus in der Vertonung des unsterblichen Ritter Gluck anlässlich der Hochzeit Seiner Königlichen Hoheit des unsterblichen Herzogs. Beim Singen des Rezitativs, das der Arie "Che farò senza Euridice" vorausgeht, gelang es mir als Sänger, meine Stimme so gut zu färben, dass es allen Zuhörern die Tränen in die Augen trieb, und ich erkannte schon damals, dass auch wir die gleiche Wirkung wie in der griechischen Musik erzielen könnten, wenn wir nur die Worte mit der Natürlichkeit ausdrücken, die für das Gefühl des Dramas notwendig ist.

Um jedoch zu dieser Vollkommenheit zu gelangen, müsste das gegenwärtige System aller Schulen verändert werden. Die jungen Männer, die sich der Ausübung dieser schönen Kunst widmen und gleichzeitig die Elemente der Musik erlernen, sollten eine ihrer Berufung entsprechende Ausbildung erhalten; ihr Geist sollte kultiviert werden, um sie für die Bewegungen der Natur empfänglich zu machen; sie sollten sich in einer guten Aussprache und einer perfekten Artikulation der Worte üben; sie sollten dazu gebracht werden, Geschichte zu lesen, um sie mit der Vielfalt der Charaktere derer, die sie darstellen sollen, vertraut zu machen; man sollte sie lehren, die Schönheiten der Poesie zu erkennen, damit sie mit den Gefühlen der Autoren bekleidet werden und an sich selbst die Wirkungen erfahren, die sie bei den Zuhörern hervorrufen müssen; und wenn dies geschehen ist, sollen sie ihre natürliche Stimme üben, was die meisten Sänger vernachlässigen, so dass ihre Stimme die Nase oder die Kehle oder die Luftröhre oder viele andere ekelhafte Mängel annimmt, und sie dann gehorsam und biegsam wie einen Brei annehmen, damit sie sich verändern kann; und alle Farben annehmen, ja manchmal sogar heiser und schrill werden, wenn die Heftigkeit einer Leidenschaft es verlangt. Aber um dies zu erreichen, wäre es meiner Meinung nach notwendig, dass die Lehrer der Sänger die berühmtesten Sänger sind, die ihnen durch Erfahrung und Beispiel diese Köstlichkeiten leicht einflößen können.

Vielleicht werden mir einige moderne Sängerinnen und Sänger sagen, dass nicht alle Stimmen für diese Vollkommenheit empfänglich sind und dass folglich nicht alle die Wirkung der griechischen Musik erzeugen können. Ich antworte, dass, wenn die Organe des Halses, der Zunge und der Brust des jungen Sängers gut ausgebildet sind, alle Stimmen bald eine gleiche Wirkung erreichen werden.

Ich war gerade aus dem Konservatorium gekommen, als ich die schlechte Veranlagung meiner Stimme erkannte; ich kannte ihre Mängel und bemitleidete ihre Qualität; ich wurde von allen Lehrern verlassen und verzweifelte fast daran, einen Weg zu finden, mir ein Schicksal zu verschaffen, das mir das Leben nicht beschwerlich machen würde. Ich dachte ernsthaft über meine Lebensumstände nach und sah, dass nur ein Studium mir das Leben erleichtern konnte, und so bemühte ich mich mit aller Kraft, ein Mittel zu erwerben, mit dem ich die Unzulänglichkeiten der Natur durch Kunst ausgleichen konnte. Ich fing an, meine Stimme zu üben, und es gelang mir nach vielen Mühen, sie einigermaßen klangvoll zu machen; ich fasste Mut, wurde dessen müde, und konnte doch endlich vom Alt zum Sopran werden und all das Gute ernten, das jetzt meine vollkommene Ruhe bildet.

Ich lebte in Wien im Hause des unsterblichen Genies der Musik, des Chevalier Gluck, und hatte unter den Freuden der aufrichtigsten Freundschaft und der zärtlichsten Korrespondenz doch das Missvergnügen, ihn über das bösartige Schicksal klagen zu hören, das ihm die Gelegenheit verwehrte, seine Tondichtungen durch die Stimme einer höchst liebenswürdigen Nichte, die er [wie eine leibliche Tochter] verehrte, belebt zu hören; das Bedauern meines Freundes rührte mich, und ich bat ihn um die Erlaubnis, die Stimme seiner Nichte zu hören, um zu sehen, ob es mir gelingen könnte, sie auf irgendeine Weise klangvoll zu machen: Er lehnte mit der Bemerkung ab, dass ich mich umsonst um etwas Unmögliches bemühen würde, gab aber schließlich meiner Bitte nach. Ich hörte sie an und fand sie zunächst sehr unwillig; ich untersuchte den Charakter des Mädchens und fand sie von bewundernswerter Gelehrigkeit. Ich begann, sie Musik studieren zu lassen, ihre Stimme ständig zu üben, und ihr Einsatz entsprach in gewisser Weise meinen Wünschen, so dass ich nach acht Monaten ihren Onkel aus seinen Aversionen riss. Und nach zwei Jahren wurde sie die Bewunderung Deutschlands und Frankreichs, und sie wäre auch noch die Bewunderung ganz Europas geworden, wenn nicht die tödliche Wirkung der Pocken ihrem Leben im April eun Ende gesetzt hätte.

So können Kunst, Fleiß und Studium den Sänger formen. Der Weg des Singens ist nur einer, nämlich das Wissen, die Leidenschaften zu bewegen und sich in die Herzen einzuschleichen.

So denke ich, Herr, über meinen Beruf, und meine Gedanken sind mir um so lieber, als sie von Ihrer weisen Einsicht gebilligt werden. Alles, was ich für Sie tun kann, wird immer nur wenig sein im Hinblick auf die Verpflichtungen, zu denen ich mich Ihnen gegenüber bekenne; während ich Sie also noch einmal bitte, Ihren Schutz fortzusetzen, bekenne ich mich mit aller Hochachtung.

Von V. E.

Neapel 15. Juni 1782

Durch den demütigsten, ergebensten und gehorsamsten Diener Giuseppe Millico

Vi fu una seconda edizione di quest'opera stampata da Luigi Merescalchi:

La Pieta d' Amore. Dramma messo in musica dal sig. D. Giuseppe Millico. Napoli. Si vende da Luigi Marescalchi, Maestro di Cappella ed Editore Privilegiato da S.M. (D.G.) nella sua Stamperia nel Palazzo Nuovo, che guarda al Largo del Castello, nel Vicolo delle Campane N. 32.

Le partiture a stampa sono esistenti alla Biblioteca del Cons. Musicale di Napoli, di Roma, di Milano ed alla Biblioteca Antoniana di Padova, altre copie vi sono a Vienna, Bruxelles e Londra.

1783

2. Ipermestra. Dramma in 3 atti di Ranieri Calzabigi. Secondo il Lazzeri il Millico musicò alcune scene di quest'opera. Partitura mss. alla Biblioteca del Conservatorio Nazionale di Parigi e alla Biblioteca dell' Istituto Musicale di Firenze.

1784

3. Le Danaidi. Melodramma di Ranieri Calzabigi.
Questo dramma non fu rappresentato per la ragione che abbisognava, si disse di 15 mila scudi per rappresentarsi e quindi 1 'opera rimase inedita. Un primo saggio di quest'opera fu dato al Palazzo Reale di Napoli la sera del 7 gennaio del 1784.

Altro saggio fu dato nell'ultima sera di carnevale dello stesso anno in casa del Conte Rasoumowski in Napoli. L' Eitner indica che di quest'opera del Millico esistono due soli esemplari mss, ed entrambi a Parigi ; uno alla Biblioteca Nazionale, e l'altro alla Biblioteca del Conservatorio.

1786

4. La figlia di Jefte. Oratorio per musica rappresentato in Napoli, al Teatro del Fondo nella quaresima del 1786 vi cantarono la Marchetti, prima donna assoluta, Mengozzi tenore e Carlo Rovedino bassa cantante. Il maestro Cipolla e il Millico scrissero di versi pezzi per quel1 'occasione secondo il Ferrari G..

5. La Zelinda. Dramma di Anonimo. Rappreseutato in Napoli, Teatro del Fondo l'anno 1786. Vi presero parte gli artisti: Andrea Martini, Angela Fantozzi, Carlo Rovedini, Pasquale di Giovanni, Pasquale Masillo, M. March-Fantozzi e Anna Coltellini.

Libretto ediz. 1786 a1 Conservatorio Musicale di Napoli e alla Libreria di Stato di Washington.

1792

6. Nanna per far dormire i bambini. Napoli 1792 secondo il Fètis ed altri autori.

1797

7. L'avventura benefica. Dramma di Giuseppe Saverio Poli.
Rappresentato a Napoli nel Reale Palazzo l'estate del 1797.
Libretto ediz. 1797 al Conservatorio Musicale di Napoli.

Es gab eine zweite Auflage dieses Werkes, die von Luigi Merescalchi gedruckt wurde:

La Pieta d' Amore. Theaterstück mit Musik von Herrn D. Giuseppe Millico. Neapel. Verkauf bei Luigi Marescalchi, Kapellmeister und privilegierter Verleger S. M. (D.G.), in seiner Druckerei im Palazzo Nuovo, der auf den Largo del Castello blickt, im Vicolo delle Campane Nr. 32.

Die gedruckten Partituren befinden sich in der Bibliothek der Musikkonservatorien von Neapel, Rom, Mailand und in der Biblioteca Antoniana in Padua, weitere Kopien in Wien, Brüssel und London.

1783

2. Hypermestra. Drama in 3 Akten von Ranieri Calzabigi. Lazzeri zufolge hat Millico einige Szenen aus dieser Oper vertont. Partitur-Manuskripte in der Bibliothek des Nationalkonservatoriums in Paris und in der Bibliothek des Musikinstituts in Florenz.

1784

3. Die Danaiden. Melodrama von Ranieri Calzabigi. Dieses Dramma wurde nicht aufgeführt, weil es, wie es hieß, 15.000 Scudi für die Aufführung benötigte, und so blieb die Oper unveröffentlicht. Eine erste Aufführung dieser Oper fand am Abend des 7. Januar 1784 im Königspalast in Neapel statt.

Ein weiteres Konzert wurde am letzten Abend des Karnevals desselben Jahres im Haus des Grafen Rasoumowski in Neapel gegeben. Eitner gibt an, dass es nur zwei Kopien dieses Werks von Millico gibt, die sich beide in Paris befinden, eine in der Bibliothèque Nationale und die andere in der Bibliothek des Konservatoriums.

1786

4. Die Tochter Jephthas'. Oratorium, aufgeführt in Neapel im Teatro del Fondo in der Fastenzeit 1786, gesungen von Marchetti, Prima donna assoluta, Mengozzi Tenor und Carlo Rovedino Bass. Der Meister Cipolla und Millico schrieben laut Ferrari G. für diesen Anlass Verse.
 

5. La Zelinda. Drama aus anonymer Hand. Aufgeführt in Neapel, Teatro del Fondo im Jahr 1786. Die folgenden Künstler nahmen teil: Andrea Martini, Angela Fantozzi, Carlo Rovedini, Pasquale di Giovanni, Pasquale Masillo, M. March-Fantozzi und Anna Coltellini.

Das Libretto wurde 1786 im Musikkonservatorium von Neapel und in der Staatsbibliothek in Washington veröffentlicht.

1792

6. Babies in den Schlaf wiegen. Neapel 1792, nach Fètis und anderen Autoren.

1797

7. Das wohltätige Abenteuer. Drama von Giuseppe Saverio Poli. Aufgeführt in Neapel im Palazzo Reale im Sommer 1797. Libretto herausgegeben 1797 am Konservatorium von Neapel.

 



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